venerdì 31 maggio 2013

Il silenzio della Turchia. La mia esperienza di viaggio.


Carissime lettrici di Fashion Art Break,

nei giorni scorsi avrete sicuramente sentito parlare della Convenzione di Istanbul che rappresenta il primo strumento di diritto internazionale legalmente vincolante che «crea un quadro giuridico di riferimento completo per combattere la violenza contro le donne», focalizzando la sua attenzione sulla prevenzione della violenza domestica, la protezione delle vittime e la persecuzione dei rei. 
Ebbene, anche  se la Convenzione non sarà esecutiva fino a quando non sarà firmata da almeno dieci Stati di cui otto devono essere membri del Consiglio d’Europa, è una esigenza che se ne parli, se non altro per dimostrare a tante vittime silenti che il mondo è almeno consapevole della loro esistenza.
Se anche nella emancipata (?) Italia esiste una percentuale raccapricciante di violenza sulle donne e di femminicidio, nella splendida terra di cui Istanbul è capitale  la condizione reale delle donne presso l'istituzione della famiglia non ha previsto uguaglianza adeguata fra gli uomini e le donne. Ancora oggi, il marito è il capo della famiglia indiscusso e prevaricatore.
Generalizzare sia nella demonizzazione che nella idealizzazione è sempre un'operazione fallace, tuttavia oggi voglio raccontarvi alcuni sprazzi della mia esperienza in Turchia che mi ha lasciato dentro un segno forte, scatenando una serie di riflessioni e rigurgiti femministi.
La Turchia è una terra bellissima e solo in parte per la sua carica estetica.
La sua forza è nel misticismo che s'insinua tra i lembi di nuvole al tramonto, nei richiami alla preghiera che si levano dai minareti, tra le polveri delle spezie, nel lezzo di alcuni mercati popolari e nello sguardo schivo dei passanti.
Scesa dalla nave col mio vestitino a fiori blu, presi un taxi a Izmir e cominciai a comunicare (Dio sa solo come) con il tassista che conosceva 3 parole d'italiano e mezza d'inglese. 
Tra gesti e sguardi lui capì che avrei voluto visitare una moschea. Quella più piccola e  più indifesa dall'assalto dei turisti. Fu così che mi ritrovai davanti a donne col capo coperto da foulard che mi invitarono a coprire i piedi e il capo con indumenti salvifici che avevano lì a disposizione. 


L'odore era quasi nauseabondo, lo ammetto. Eppure per me fu un privilegio entrare nel loro silenzio e lasciarmi trascinare, inconsapevole, da preghiere incomprensibili per lingua e silenzio. Lì pregai il mio Dio, come non avevo fatto mai in una chiesa cattolica e aspettai che la luce esterna filtrasse nella moschea fino ai miei occhi prima di alzarmi e uscire fuori per lanciarmi nel caos.
La tappa successiva sarebbe stata il mercato di Izmir: poco coreografico, tanto popolare.
Accesi la mia sigaretta con disinvoltura, mentre il tassista mi seguiva, da cicerone, consapevole di un guadagno extra. Camminavo e non vedevo donne, se non venditrici avvolte in stoffe nere. Di uomini, invece, ce n'erano a iosa. Alcuni oziavano su sedie di plastica tra i sentieri del mercato, altri ancora vendevano ninnoli, spezie, cozze e grossi taralli irresistibili.


I loro sguardi erano fissi su di me, ma cominciai ad accorgermene dopo un po' di tempo. Quando guardai il tassista/cicerone per chiedergli, con un solo cenno, il motivo di quell'interesse cupo, lui mi indico le spalle e la sigaretta. Avevo sfidato il loro pudore. Li avevo offesi e, cosa ancor peggiore, avevo offeso le poche donne che subivano la mia vista.
Buttai la sigaretta e, un po' stranita, continuai a fare il mio shopping, innamorata di ciotole dipinte a mano,  sciarpe, pantaloni ampi, lampade e spezie
Poi, afflitta dal caldo e dalla sete, chiesi al cicerone turco dove poter bere una birra ghiacciata. Lui non rispose. Lo chiesi ancora, non risparmiandomi in gesti e goffe traduzioni inglesi. Lui non rispose. Al mio terzo tentativo prese il suo smartphone, scrisse una frase e lasciò che il traduttore elettronico me la consegnasse comprensibile in un divertente italiano. In realtà di divertente non c'era proprio nulla. Ancora un'altra mia gaffe. Ancora una mia onta alla loro cultura.
 Non è buono che una donna bere birra
Messaggio ricevuto.
Non ho mai avuto consapevolezza di essere una donna come quel giorno.






martedì 28 maggio 2013

Tempo di dieta: scelgo il cioccolato che non ingrassa, ma rilassa!


Carissime lettrici di Fashion Art Break,

anche questa settimana di fine maggio è cominciata con un cielo grigiastro e un termometro traditore che non ci permette di prendere un po' di sole e mettere via il  fastidioso/ costoso (ma necessario) fondotinta...
Per non parlare del senso di disorientamento che proviamo davanti ad un armadio pieno di canotte, vestitini leggeri e sandali quando invece abbiamo voglia di tenere ai piedi i nostri calzini e di recuperare, negli scatoloni del cambio stagione, quegli stivali con cui abbiamo attraversato pozzanghere e tempeste. 
Se a questo aggiungiamo anche la terribile preparazione alla prova costume, dopo mesi in cui la maggior parte di noi (ditemi che non sono stata solo io) si è ingozzata tra cenette romantiche, pranzi di lavoro e aperitivi...beh, allora il tessuto nervoso diventa molto suscettibile e rischiamo di impazzire e far impazzire chi ci sta accanto.
Per questo ieri, approfittando di un giorno libero dal lavoro, ho deciso di dedicarmi a me stessa, senza rinunciare al cioccolato.
Non preoccupatevi: la mia tristissima insalata con pollo alla piastra non mi sta facendo farneticare...
Ospite coccolatissima della Numbs Wellness&Spa in Piazza Elio Callistio, mi sono rigenerata con un massaggio anti stress che mi ha regalato una sensazione di benessere e relax in tutte le fasce muscolari del corpo. 
Irene, la massaggiatrice, ha dato come sempre un tocco personale a questo momento già idilliaco con la scelta di un olio crema al cioccolato che rende la pelle più bella e morbida grazie alle sostanze nutritive e idratanti del cioccolato stesso. Posso confermare che le sue proprietà agiscono sia sul corpo che sulla mente: infatti il profumo del cioccolato va a stimolare le endorfine (ormoni del benessere) donando una sensazione di benessere e 'sazietà'. Dopo quest'ora di relax assoluto, tornata al caos della Capitale, pensavo che quel curioso studio tedesco che spiega come <l’aromaterapia sia una strada molto interessante da percorrere per chi vuole perdere  peso senza sacrificarsi troppo> non fosse poi così fantascientifico. 
Mi sentivo leggera, luminosa e quasi sazia, incredibile dictu! Fino a quando, prima di entrare nella Feltrinelli di Corso Trieste mi sono imbattuta in una quarantenne malefica con una coppa al cioccolato (o nutella) e pistacchio. 
E allora ho capito amaramente che  l'aromaterapia è una favola. Almeno per le mangione inguaribili come me. 



mercoledì 22 maggio 2013

Solarità e preziosità inafferrabile per i gioielli di Evalita's


Carissime lettrici di Fashion Art Break,
oggi voglio riempirvi di post con qualche proposta originale di stiliste e designer giovani, talentuose e piene di cose da dire (e da fare).
Per questo dedico questo post ad un'altra napoletana, la raggiante partenopea Eva Sansanelli, designer di Evalita's, un brand di gioielli originalissimi.
Vi propongo qualche foto come anteprima della nuova collezione, realizzata con pizzi italiani e francesi ai quali Eva ha dato forma con un procedimento molto certosino che rende i gioielli quasi ineffabili ed eterei, pur mantenendone la preziosità. Infatti, terminato questo processo particolare, sul singolo elemento vengono applicate le perline, tutte rigorosamente swarovsky ed il perno con un cristallo swarovsky abbinato; oppure -per la creazione dei bracciali- al posto del perno vengono cuciti su grandi elastici di lame a contrasto.

Il risultato? Tanta grazia ed infinita eleganza, soprattutto se guardate queste foto di una splendida testimonial napoletana, esempio verace e radioso di una bellezza tutta mediterranea!

Baci, Sofie!




Io sogno l'estate con indosso un costume di J'adore Lipstick!


Carissime lettrici di Fashion Art Break,
questo post è dedicato ad una promettente designer di J'adore Lipstick, il brand beachwear di Francesca Persico che lo scorso venerdì ha presentato la sua divertentissima e delicatissima summer collection 2013 presso il Tender Jap One di Napoli.

Come già ho scritto sulla pagina fb di Fashion Art Break (https://www.facebook.com/pages/Fashion-Art-Break/269543329762577?fref=ts), ho ricevuto uno splendido cadeau by J'adore Lipstick che indosserò non appena questa estate arriverà!
Vi svelo solo che è lilla, semplice ma elegantissimo e adatto anche ad una donna curvy come me ;-)



Francesca Persico




lunedì 13 maggio 2013

Ma come ti vesti, Prof?


Carissime lettrici di Fashion Art Break,

oggi voglio parlarvi del look di una categoria professionale che ogni giorno, con più o meno difficoltà, si approccia alle nuove generazioni: quella delle Prof.
Come le mie followers più fedeli sapranno, io, oltre alla mia attività di blogger, svolgo anche l'arduo compito di insegnare Lettere, dimenandomi tra una subordinata oggettiva, D'Annunzio e Cavour.
Proprio in virtù di questo ho potuto conoscere da insider il mondo delle professoresse, soprattutto di lettere, studiandone caratteristiche didattiche ed.. estetiche!
E qui casca l'asino...
Facendo un discorso generalizzato con le sue dovute eccezioni, ne esce fuori un quadro piuttosto inquietante: gonne, Hogan e camicie sbiadite; jeans sabbiati o pieni di ricami improponibili, magliette in acrilico e sandali ortopedici e tante borse con orsacchiotti e dio solo sa cos'altro ancora.
E'vero che la sobrietà e la poca sensualità sono caratteristiche fondamentali -soprattutto se si tratta di giovani insegnanti- per conservare un certo decoro anche agli occhi di ragazze e ragazzini che ti prendono come modello o come istituzione, ma si può essere anche fashion con un look disimpegnato o classico, corredato da qualche accessorio un po' più colorato e divertente che smorzi l'immagine della maestrina che sa di naftalina.
Un paio di jeans, una t shirt e una giacca con un adeguato paio di sandali, un paio di pantaloni comodi con camicia, cintura in cuoio e maxi bag oppure un vestito sobrio e ballerine con un paio di orecchini o una collana potrebbero renderci professionali e fashion, anche in una seriosa aula docenti.

Perchè parlare di look in un contesto che dà giustamente importanza alla sostanza e alla cultura?


In primis perchè bisogna sfatare il falso luogo comune che una donna di spessore intellettuale debba essere necessariamente 'sciatta' e ' inguardabile'; in secundis perchè abbiamo a che fare con giovani che hanno il dovere di rispettare il ruolo dell'insegnante, ma che lo sentono sempre più lontano dal proprio mondo.
Sarà perchè ho 28 anni e una grande voglia di insegnare, sarà perchè la mia deformazione da fashion blogger non può non condizionarmi, ma io vivo questa professione cercando costantemente di proporre me e il mio mondo conoscitivo nel modo più allettante possibile, magari raccontando la storia dei libri suddividendola in puntate di un telefilm o divertendo i miei alunni con una sfilza di abusati 'ma anche no'. E' proprio allora che  il loro sguardo, soprattutto dei più 'riluttanti', si allontana dalla parete o da un diario pieno di scritte di protesta e di amore e si fissano su di me, riconoscendo che Garibaldi e Saba non sono poi così antichi come sembra.
In fondo la cultura è fashion. Perchè una prof non potrebbe esserlo? ;-)



sabato 4 maggio 2013

Moda, estate e fragole con...Silvian Heach!



Buon sabato pomeriggio di sole, carissime lettrici di Fashion Art Break!

Questo post è dedicato ad un Fashion Aperitif  a base di frutta e bollicine (la prova costume incombe) cui ho partecipato ieri pomeriggio.
Dove? Nel corner Silvian Heach della Rinascente in Galleria Alberto Sordi dove ad accoglierci è stato il volto della Comunicazione&Marketing del brand, Gianfranco Vitale, insieme a Miss Italia Giusy Buscemi in total look Silvian Heach.
Anche io non ho potuto non indossare, con immensa gioia, due dei tanti cadeaux firmati Silvian Heach: i sandali coloratissimi in paglia e una mini bag dal gusto vintage con chiusura dorata a scatto; il tutto ha corredato un outfit un po' retrò: camicetta con fiori stilizzati, una gonna ampia al ginocchio (entrambi acquisti di mercatino usato dal costo di 1, 50 euro caduno), smalto glicine di Essence e collana silver Accessorize
Fra scatti, prove abiti e divertenti scambi punti di vista tra bloggers, ho già puntato i miei due prossimi capi per questa estate 2013...ovviamente by Silvian Heach (poi ve li mostrerò ;-)

Un po' di fotine e... vi lascio al sole ;-)

Gianfranco Vitale


Martina D'Ermo




giovedì 2 maggio 2013

Medioera: il Festival della cultura digitale e tanto Fashion!



Carissime lettrici di Fashion Art Break,

martedì 30 maggio, insieme ad altre colleghe della Fashion Communication, ho partecipato alla serata d’apertura della quarta edizione di Medioera, il Festival di cultura digitale diretto da Massimiliano Capo che si è tenuto nella splendida e suggestiva sala Regia di Palazzo di Priori a Viterbo.
Medioera è un  momento d’incontro ed approfondimento sulle tematiche legate all’uso delle nuove tecnologie nei più diversi ambiti della vita, con lo sguardo obliquo e crossmediale di chi è abituato a leggere la rete come una struttura non gerarchica di nodi attraverso cui navigare alla ricerca di opportunità nuove, di stili contaminanti, di idee che non hanno timore di pensare in grande anche quando parlano a pochi o pochissimi.
E, ovviamente, se si parla di cultura digitale non si può ignorare quanto la moda sia un terreno fertile per ogni forma di comunicazione crossmediale, ragion per cui un momento importante di questa edizione di Medioera è stato dedicato all’universo del Fashion, messo in relazione, ovviamente, con le nuove tecnologie. 
Dopo un pink carpet di tutto rispetto, il Festival ha accolto sul suo palco fashioniste e addette del settore, idea che si è rivelata una new entry di straordinario successo (la moda ‘tira’, amiche mie!).


Durante il panel, coordinato dalla giornalista Flavia Ludovisi, il palco si è trasformato in un “salotto” in cui otto donne del settore si sono confrontate sulle trasformazioni della moda dopo l’avvento dei social e dell’esplosione di siti in rete: Cinzia Colella, esperta di comunicazione e organizzatrice di eventi di arte e moda, Alessandra Castellani, antropologa e autrice di libri di successo e docente di Fashion design, Benedetta Bruzziches, vulcanica designer di borse inimitabili (presto su Fashion Art Break pubblicherò un post proprio su di lei e sulle sue fantastiche borse!), Martina Campanella stilista, Valeria Oppenheimer, ex modella, blogger conduttrice radiofonica, Anna Oliva Durigon, la fondatrice di un sito che crea outfit per l’occasione perfetta e Tiziana Stefanelli, la vincitrice di Masterchef con le sue idee di fashion food.

Con Cabaret di Benedetta Bruzziches

Da un insieme di interventi, spesso contrastanti e spesso condivisi, il messaggio che si può estrapolare è che ‘fruire o comunicare la moda propria o degli altri’ attraverso social network o siti/blog può essere una piacevole cronistoria fatta di abiti, accessori, cibo, location e colori che qualcuno può biasimare, contestare, criticare ma che inesorabilmente affascina un po’ tutti (ah, se Facebook o Instagram potessero parlare!)
A mio avviso è importante è chiamare le cose e le persone con un nome che li rappresenti realmente: la fashion blogger dovrebbe essere in grado di raccontare la moda attraverso immagini (anche proprie) e poi parole ortograficamente corrette e che siano contenute in una struttura sintattica comprensibile. 
Quelle che millantano di curare un fashion blog (anche con migliaia di followers) e poi si limitano a scattarsi foto con sole didascalie raccapriccianti come ‘qual’ è il vostro look preferito?’ beh, quelle sono altro.