martedì 29 novembre 2011

<< Vi presento joe sardo>> e la sua Moda 2.0.!



Carissimi lettori di Fashion Break,
il mondo del Fashion, come ben sapete, è un macrocosmo inafferrabile che si nutre di infiniti microcosmi di idee e passioni, appartenenti a realtà e individui diversissimi tra loro che investono la propria vita o parte di essa nella ‘creazione’. È un sistema variegato e spesso brillante in cui si muovono personalità già affermate e autorevolmente riconosciute dalla collettività e altre che ancora non hanno trovato il loro posto, ma che non smettono di cercarlo.
La moda dei grandi è affascinante e persuasiva, ma non necessariamente risulta l’unica degna di nota; pertanto, aprirmi alla conoscenza di nuove proposte e di misconosciuti ingegni creativi (che possano o meno avvicinarsi al mio gusto) è un mio desiderio fortissimo: nei mondi sommersi si racchiudono sogni e progetti che vale la pena raccontare.
Oggi vi parlerò di Joe Sardo, un ragazzo appassionato e sicuro di sé, nato nel 1977, anno in cui la Rai iniziò a trasmettere a colori. Il suo curriculum vitae non si distingue per una approfondita formazione nel campo del design, ma da un impeto incontenibile alla creazione. Lasciata Agrigento, sua città natale, nel 2005 si è trasferito a Modena dove ha fondato, ‘nella sua testa’ Manifattura & Design, una fabbrica di…idee che si propone di divenire in futuro una vera e propria Factory di Stile e Genialità Tecnica, nel pieno rispetto dei tanto declamati canoni del Made in Italy.
Questa ‘Factory’ potrebbe imporsi non solo nella testa di Joe Sardo e diventare così un progetto realizzato, concretizzato in opere tangibili e fruibili da eventuali ‘consumatori’ ed appassionati, ma ad impedire questo passaggio alla ‘concrezione’ è la mancanza di ‘investitori’ pronti a scommettere su un’idea nuova e sicuramente diversamente convenzionale.
Per capirne di più, vi illustrerò brevemente quali sono le creazioni di Joe, per ora imprigionate ancora in disegni … Preparatevi, perché trattasi di idee particolari che richiamano ad una idea del Fashion che non può prescindere dalla ‘funzionalità’ e da una tecnologica che invade anche oggetti comunemente ‘accessoriali e decorativi’ di uso quotidiano…
Cominciamo con Bauletta, una borsa pensata in leggerissimo policarbonato con inserti in pelle microforata e parti in alluminio (versioni top class). Nasce dalla tradizione sperimentale e da esclusivi contenuti Hi Tec che convergono in una sintesi perfetta finalizzata all'utilità del come "funziona". La sigla U.A.S. (Utility Addition System) racchiude i seguenti sistemi inediti di utilità aggiunta: orologio, sistema aggancio al tavolo più un sistema di scomparti cosi organizzati: scomparto portatrucchi con specchio retrosportellino, scomparto portacellulare, borsellino e chiavi, scomparto portaombrellino e scomparto portabottiglietta più lo scomparto centrale porta notebook o tablet.



Una versione più modaiola di Bauletta è quella  Mod Colors, una joint venture tra stili diversi, una base versatile, un design neutro facilmente connotabile "giocando con l'abbinamento dei colori e di qualche elemento". "Una forma, tante borse" perfetta per le economie di scala in ottica industriale, "Una borsa, tante borse": dalla vintage alle modaiole colors.




E poi c’è Avionica, una ‘borsa che arriva dall’Olimpo di un Design senza tempo…’
Caratterizzata dalla leggerezza e dalla sublime hi-tec evocazione dell'alluminio come materia plasmante di leggendari dettagli pionieristici, essa presenta  una strumentazione (orologio) ad attacco rapido, un tappo aeronautico (tubo portaombrellino & bottiglietta), un sistema di aggancio al tavolo attraverso il sistema assiale a controllo valvolare, la cinghia tracolla a srotolamento rapido.




L’arte e il genio di Joe Sardo non sono immediatamente accettabili da chi ha inteso il fashion come pura estetica e mai come funzionalità… è un esercizio che implica un superamento  dei nostri schemi mentali da ‘fashion people’ per analizzare un mondo hi- tec che diventa sempre più vigoroso in ogni settore, compreso quello della moda.
Che questo ci piaccia o meno, è un altro discorso…
Ma un progetto non può essere totalmente compreso se non si conosce l’animo creativo che lo ha generato. Pertanto, miei cari lettori, <<vi presento Joe Sardo>> con un’intervista.

Chi è Joe?
Joe, come direbbe Pirandello, è ‘uno, nessuno e centomila’. Il mio motto è : semina sogni, annaffiali di ambizioni, raccoglierai i frutti delle tue aspirazioni.
Lui non sa parlare in inglese ma il linguaggio universale dei suoi progetti dalla forte essenza pionieristica, parlano per lui.
Adora osservare, creare, con i suoi tempi e le sue regole.

Qual è la fonte d’ispirazione per le tue creazioni?
Il palcoscenico della vita. Evito le contaminazioni classiste, non ho mai letto un libro sul design e non seguo nessun designer: Questo mi permette di osare, di pensare e sfornare idee dalla forte essenza pionieristica
Ho un approccio molto particolare alle fonti d’ispirazione: lo spirito di osservazione multi direzionale,  senza guardare solo ad una specifica classe sociale o settore; l'osservare, come canale di convogliazione del cibo che nutre le mie ambizioni.


Qual è il progetto che oggi vorresti realizzare?
Il mio progetto è di continuare ad assecondare quella che chiamo ‘creativite acuta’ o fisiologico istinto verso il "creare": dallo scarabocchio alla forma. Questo a prescindere o meno dal potenziale business legato alle mie idee: questa è la mia mission esistenziale

Ma 'progettare per il gusto di farlo' non porterà prima o poi ad una insoddifazione creativa? si può scrivere una poesia per se stessi, ma se si disegna un oggetto, non è importante che questo prenda vita?
    Nel mio caso il sentirmi snobbato o non capito, mi porta a "ferocizzare" l'istinto creativo. Avere uno o più      figli dagli altri non capiti, non porta all'insoddisfazione verso il ruolo di genitore, anzi per compensazione si cerca di rafforzare l'impegno nel ruolo. La passione ha bisogno di conferme esterne e su questo sono d'accordo, ma se mancano, la passione è capace di autoalimentarsi.

Questo significa che, qualora non riuscissi a trovare qualcuno che investe nella tua arte, tu continuerai a 'creare' solo per te stesso?

Sì, perchè creare per me è vitale, è un bisogno fisiologico come mangiare, dormire, respirare. A lavoro, in vacanza sulla scrivania degli hotel, ovunque.. mi trovo, insieme a me ci deve essere un pezzettino di carta e una penna per assecondare i "miei raptus creativi": scarabocchi che tracciano nuove idee. E sono scarabocchi solo apparentemente senza senso. Ad esempio, molti progetti  hanno iniziato a vedere la luce da uno scarabocchio... l'ispirazione creativa nasce nuda, la penna lo veste.




:-)
Ultima domanda, Joe: a quale target ti rivolgi quando disegni le tue borse?
Ci sono quattro target ben definiti: Avionica x i suoi contenuti hi tec si rivolge al manager sportivo, all’ uomo 2.0. Manifattura900, per il suo fascino vintage si rivolge al target gentleman sportivo. Bauletta vintage alla Donna fine di classe, Bauletta colors si rivolge ad un target di donna giovane, dinamica. Colgo l'occasione per anticipare un nuovo modello di cui presto realizzerò un prototipo, l idea mi è venuta ieri camminando senza metà x i reparti di un centro commerciale. Posso anticipare che sarà una borsa morbida al tatto che per style e contenuti potenzialmente può diventare "icona di successo"


Come avrete letto, Joe è un ragazzo poco convenzionale, sicuro della sua verve creativa e prontissimo a tuffarsi nella concitazione del business world per imporre la sua idea di ‘hi tec fashion’… Non ci resta che aspettare il suo decollo che, qualora ci fosse, sarebbe di sicuro ‘stratosferico’ come le sue borse!
A tutti voi, generazione 2.0. … un saluto avionicoJ


lunedì 28 novembre 2011

P.s : Ci sarà un'invasione di Brigitte Bardot?









P.S. Cari lettori, ci sono donne che restano negli occhi.
Se si tratta di bellezza, fascino o  di una stregata sensualità, non è facile stabilirlo. La perfezione fisica sola non basta per assicurare ad un nome una fama e una brama eterna. Ed è questo il caso di un'icona come Brigitte Bardot. Tutti la conoscerete: noi donnine l'abbiamo sicuramente invidiata, almeno una volta nella nostra vita; e voi maschietti l'avete sicuramente desiderata, almeno una volta al giorno... 
Beh, oggi Brigitte Bardot diventa altro: un vero marchio  pret-a -porter!
Una collezione di circa 200 modelli che attingono la loro fonte d'ispirazione dal mondo dorato dell'attrice: costumi da bagno retro- chic, vestiti realizzati all'uncinetto, abiti a quadretti vichy e gli immancabili shorts!
Mie care lettrici... aspettate a metà gennaio e poi potrete immergervi, qualora vi piacesse, in questo shopping da... diva!

fashionmag


Quali siano i costi di questi capi? Vanno dai 100 ai 500 euro: non sono per pochi, ma neanche per tutti, insomma!
Permettete che faccia una mia raccomandazione su questa eventuale mania di emulazione: comprare gli shorts, ad esempio, del marchio B.B., non significa diventare necessariamente sensuali come l'attrice: c'è chi può esserlo di più, ma anche chi con gli shorts proprio non renderebbe giustizia al proprio look!





giovedì 24 novembre 2011

Napule è ... amiche e mini shopping low lost!


davidambrosio-blogspot.it
Diario di un breve viaggio a Napoli -  23 novembre

Ore 17 e 04. Sono sul treno regionale diretto a Roma Termini. Ancora una volta lascio i vichi e i pulcinella di questa città estroversa e sotterranea, barocca nelle risate e nella gestualità dei suoi abitanti.
Ho  appoggiato sul sedile di fronte (fortunatamente libero) una borsa gonfia di un libro regalato, un altro acquistato, un maglione inutilizzato, ricarica batterie del cellulare, collana di grosse finte perle nere, mini beauty, bottiglia d’acqua. Sulle gambe ho Vogue, sopra Vogue una shopper bag e sopra la shopper bag il mio notebook bianco.
 Non posso non scrivere della città che lascio minuto dopo minuto sui binari, non posso non raccontarmi di quanto , da questa, succhio un brivido di estrosa familiarità. Ieri sera, di ritorno dalla biblioteca di Grumo Nevano dove ho presentato il mio Rosso come il latte, ho giocato con le mie adoratissime amiche Anna e Anna, a fare la ‘vaiassa’: un po’ per vederle ridere con bocca, occhi e mani sulla pancia, un po’ per essere attrice di una parte di quello scenario colorito e un po’ triste cui avevo assistito alla stazione Garibaldi.


Poi, dopo la sceneggiata (ben riuscita, direi), ho soggiaciuto a quel clichè culinario di cui vale la pena essere schiavi: ‘a pizza. Una cena speciale, con candela alla lavanda in mezzo ad una tovaglia come tante e discorsi intorno 'all’amore o simili’ insieme alle mie compagne di avventura. 
Vedete, miei cari lettori, si può godere di una pizza e una manciata di amici anche a Roma, a Treviso, a Caracas e a Shangai; ma chi ha vissuto almeno un po’ della sua vita a Napoli saprà che lì queste abitudini domestiche e amicali assumono un sapore differente: diventano un rituale, un copione amato e voluto da tutti e incastrato nelle pagine del dna.
La vivacità napoletana si trasforma in ordinaria follia quando il Napoli gioca ogni sua partita, sia la Champions League o un’amichevole con l’ultima squadra di serie C.

vongolablog.myblog.it
Molti appartamenti studenteschi del palazzo si sono svuotati : ragazze e ragazzi si sono riuniti quei pochi appartamenti rimasti popolati per poter urlare e dichiarare passione e amore alla propria squadra. Costretta a restare nel bilocale dell’ultimo piano a scrivere un articolo, non ho potuto partecipare a questa adorazione, ma ne ho sentito tutti i rumori, le esclamazioni e le contestazioni…
Da fuori e da dentro al palazzo, boati e lacrime di gioia, parolacce. Poi, fuochi d’artificio e trombette a suggellare un’importante vittoria. Dov’erano tutti  questi adorabili matti, stamattina? A leggere il Corriere dello sport davanti ad un cocente caffè, a lavorare o a dormire, mentre io segnalavo al cameriere di un bar dei 'Quattro Palazzi' di aver messo il cacao sul cappuccino, avendo precisato esattamente il contrario.
Ed è a questo punto, dopo una brioche alla crema amarena e una schiuma piena di caffeina ,che è cominciata la voglia di shopping low cost lungo corso Umberto. Anna dai capelli corti mi ha accompagnata, con i suoi 20 euro con cui dovrà ‘sopravvivere’ fino a venerdì…
Vogliamo comprare, spendendo quasi niente e, come sempre ci riusciamo.

Prima tappa: negozietto di ‘sciocquaglie’, bigiotteria di poco valore, ma appariscenti quanto basta per essere notate , mixando questi accessori con look diversi.
 Un paio di orecchini e un anellone dei miei: 3 euro.
Seconda tappa: pakistano delle sciarpe finto cashmire.
-        -   Quanto costano?
-         -  7 euro
-          - Ah, vabbè, volevamo spendere di meno.
-          - Ok, 4 euro.
-          (?????)
L’affare è fatto: 2 sciarpe, 8 euro spesi

Terza tappa: negozietto alla fine di corso umberto in prossimità della stazione…
Ballerine usa e getta: 3 euro.

Quarta tappa: bancarella degli occhiali da sole che il venditore continua a definire ‘originali’, ma che di originale non hanno neanche un modello di riferimento.
Un paio di occhiali : 5 euro.
 Appagate col nostro irrinunciabile shopping low cost io ed Anna torniamo  agli infernali gradini del palazzo dove le Anne vivono. Sudate, raggiungiamo l’ultimo piano. Da qui la solita scena, rigorosamente muta: gettiamo ansimanti e assetate le nostre borse sul divano/branda, posiamo le buste bianche e fragili con i nostri acquisti sul tavolo, beviamo qualche bicchiere d’acqua, ci sediamo, accendiamo una sigaretta e, con calma, arriva la prima frase dopo il silenzio…
-Facciamo un caffè?
E mentre la moka fa il suo dovere, noi cacciamo fuori dalle buste le cosucce che abbiamo comprato, felici come fossimo bimbe che scartano promettenti regali sotto un grande albero di Natale.












Non oso immaginare cosa succederebbe se il nostro shopping si svolgesse a Via Condotti. Porteremmo con noi un carrello del supermercato , felici ed esaltate come non mai.
O forse no. Ci sono momenti che trasmettono adrenalina perché evocano l’emulazione di glitterati clichès che nell’immaginario comune significano felicità.
Ma che sia felicità, o un vuoto simulacro di questa, non ho avuto ancora il tempo e la possibilità di scoprirlo.

Buona giornata a tutti , miei cari lettori!

martedì 22 novembre 2011

Roma Fashion White: ci vuole coraggio a vestirsi da sposa….


Cari lettori,
ieri sera, nelle vesti di fashion blogger e promessa sposa, non ho potuto mancare ad un immancabile appuntamento della Capitale, una  manifestazione ideata da Antonio Falanga e prodotta dalla Società Together  Eventi per promuovere il lavoro delle più qualificate realtà del settore “Wedding - Made in Italy che dal 2002 è dedicato al Bridal Fashion: Roma Fashion White.
Il matrimonio, si sa, è uno di quegli eventi che sopravvive a crisi economiche ed esistenziali per quella sintesi di unicità, presunta irreversibilità,  religione, rito (inteso in senso sacro e profano) ed egocentrismo che in qualche modo è presente, in proporzione e misura diversa, in qualunque donna decida di compiere il famoso ‘passo’. E nel mio Sud, dove i matrimoni diventano feste popolari e forse un po’ gipsy, (dove  anche le pelle delle invitate è cosparsa di crema brillantante e le acconciature diventano, insieme agli abiti, delle sculture studiatissime), proprio in quel Sud un numero considerevole di  donne ama vestirsi di bianco.

Arrivata a Via Nazionale, mi accingo a varcare il cancello che porta nel cortile antistante alla Chiesa episcopale di San Paolo dentro le Mura, un luogo mistico e ideale per accogliere il defilè di abiti bianchi che sfilano su suggestive musiche, anche se profane. La mia impressione è stata quella di trovarmi dinanzi ad uno spettacolo eterogeneo infarcito, mio malgrado, di momenti di danza (che un po’ mi ricordano i saggi propinati come avanspettacolo nelle feste patronali) e di premiazioni a volte opinabili, in cui vip e vippini hanno cercato un loro momento di gloria e forse … di identità.
Per fortuna a condurre la serata c’era la mia adorata Cinzia Malvini, conduttrice di M.O.D.A  su La 7 e una delle voci più autorevoli del giornalismo di moda. È stata lei ad introdurre le cinque collezioni degli stilisti partecipanti, con il suo piglio energico e il suo charme espresso nella più totale semplicità.
Raccontarvi passo dopo passo la serata sarebbe un po’ come inchiodarvi allo schermo del pc per circa 2 ore; pertanto vorrei che anche voi, insieme a me, giudicaste le proposte ‘matrimoniali’ che hanno calcato la navata/passerella del Roma Fashion White…
Questo è uno degli abiti della collezione di Gian Paolo Zuccarello : unico elemento che rende l’abito meno ordinario è il fiore che svolazza a metà del seno e dell’ascella della modella. Tanto tulle, poca originalità.
Passiamo alle gemelle Donato, due bionde e amorevoli signore che hanno presentato una collezione improntata sul barocchismo di scintillii abbaglianti  e ampollosità dilaganti, adatti ad una sposa che sicuramente non vuole correre il rischio di apparire parca e inosservata. De gustibus non disputandum est… ma l’abito da sposa rosso fuoco, con un decoltè eccessivo che anche in una pista da discoteca sarebbe sembrata tale, beh, è stato davvero un pugno nell’occhio.

E poi sembrava strano che non fosse riproposto, anche in questa sede, il tema dei 150  anni dell’Unità d’Italia. Questa volta a farlo è stata Brutta Spose, by Alessandra Ferrari.
Non che la scintilla patriottica non riscaldi il mio giovane cuore italiano, ma la ripetizione ad oltranza non mi entusiasma mai. Quando poi viene ripresa in maniera quasi incomprensibile… si scatena un mio inferno interpretativo!
Questi sono gli abiti... Ma un velo rosso di tulle su un abito bianco fa’ l’Italia? E quando ci si cominciava ad abituare a questa bicromia incompleta, ecco questo abito da sposa 'immettibilissimo’, oserei dire, con un neologismo.
   

La sannita Anna Maria Mattei mi ha fatto sognare con alcuni abiti della sua collezione ispirata agli anni ’50. Abiti semplici, lineari e molto femminili che lasciano spesso scoperta la caviglia e gonfiano i fianchi in una splendida campana di stoffa e tulle. Poco convincente invece l’abito con corpetto in ceramica sporcata di rosso: nessuna vestibilità e nessun equilibrio estetico.

Bambole e sogni hanno animato le creazioni di Sonia Lupo. ‘Questa collezione si è ispirata alla carica onirica delle figlie e delle loro bambole’, ha preannunciato Cinzia Malvini. E la presentazione ha descritto sinteticamente la natura fiabesca di questa passerella. La prima ad uscire da un altare di religiosa vanità è stata una bambola vivente. Andatura disinvolta (ha sfilato meglio di alcune modelle), sorriso accennato e lontanissimo, sguardo puntato ad una inanimata perfezione… questa bimba/bambola ha  catturato la mia attenzione per tutto il defilè degli abiti di Sonia Lupo, seduta su uno sgabello centrale, come fosse porcellana. Ho distolto a fatica lo sguardo da questa scena, e solo per ammirare le creazioni molto particolari della Lupo, di grande impatto emotivo e capaci di conferire  qualche idea originale.
                                              

 È arrivato poi il momento di Nino Lettieri, sempre elegantissimo nel suo total black e immancabile ll’appello quando si tratta dell’alta moda capitolina. Hanno sfilato quattro suoi abiti da sposa, ripescati dalle ultime quattro collezioni disegnate per  Alta Roma.

Quattro generi diversi per quattro donne diverse, ma il loro comune denominatore risiede nell’eccentricità, nello slancio creativo e nell’impatto visivo di grande autorevolezza.
Ho avuto la cortese concessione, da parte di Gianluca, assistente dello stilista partenopeo, di entrare nel back stage della sfilata Wedding per fotografare e toccare con mano gli abiti by Nino Lettieri. Tra alte creature che compivano il rito sublime della vestizione e tecnici frementi, i quattro vestiti da sposa s’imponevano, maestosi e delicati. ‘questo lo ha indossato Nathalie Caldonazzo’- mi informa Gianluca e io lo avvicino a me in un accostamento quasi blasfemo,  per essere fotografata …



 Non c’è che dire: comprendere realmente un  abito non significa soltanto guardarlo o sentirlo frusciare sul catwalk, ma toccarlo, farlo infiltrare tra le dita e soprattutto indossarlo …
Chissà quante promesse spose, come me, saranno andate al Roma Fashion White alla ricerca del vestito perfetto… chissà in quante ci saranno riuscite. Posso dire senz’altro che, al di là di creazioni a mio parere noiose e contestabili, c’è stato qualche stilista in grado di poter ispirare anche una sposina come me, da un corpo non statuario e dal gusto  retrò, ma non classico e incuriosito dalla sana e geniale innovazione.
Non mi resta che ascoltare o meglio…leggere i vostri commenti, spose di ieri, di oggi e di domani !

A voi la photogallery della serata...





































domenica 20 novembre 2011

Le religione della materia... '' through'' di emanuele gatto e francesca iaconisi



Attraverso. 
Attraverso la pelle. Attraverso il colore. Attraverso il silenzio. Attraverso l’anima . Solo e semplicemente ‘attraverso’, le cose smettono di essere cose e rinascono  come spirito dai mille colori imprigionati in trame indistruttibili.
Through è l’opera d’arte di due bellissime anime coraggiose i cui corpi portano il nome di Emanuele Gatto e Francesca Iaconisi.

Capelli ricci e sguardo profondo che spezza la montatura nera delle sue lenti, lui. Lunghi capelli e grazia da fata dei boschi, lei.
Insieme fanno scoppiare la scintilla di un’arte non convenzionale, gravida di sperimentazioni, fermento. Emanuele è l’arte, figlio di mille epoche che s’incontrano, così  parco di schemi , barriere cronologiche e rigidità; Francesca è la moda Silente, Sibilla di uno stile inesplorato e di ‘gratia pleno’, sarta di chilometri di stoffe introvabili nel quotidiano concitato e banale.


E insieme si uniscono in un amplesso di estetica e dinamica contemplazione.
Cari lettori, non vi sto raccontando un sogno, ma una mostra espositiva ospitata, da ieri sera fino al 30 novembre, al Rising Love, Associazione culturale sita nel cuore di Roma, dove locali e musica sembrano allontanare dai tumultuosi silenzi di una religione. La religione della materia che da sempre è letta come sinonimo di effimero, caduco, corruttibile.
Ma quando si parla di colori, pelle, tele, corpo… l’ accettazione della sua mera natura si evolve in emozione autentica, opera d’arte,  vibrazione.


Nell’ebbrezza primordiale di questa religione senza dogmi, Emanuele e Francesca hanno costruito il loro altare di fede e hanno recitato le loro preghiere d’arte nei video di Luca Contieri su musiche di Andrea Mangia (Populous) . Flusso di colori e accostamenti che dalla superficie nuda della pelle imprimono tele e attraversano trame, in un susseguirsi di dissolvenze e sovrapposizioni che passano continuamente dalla pelle al tessuto e dal tessuto alla pelle.

I video raccontano,  con movimenti sinuosi, lenti, delicatissimi e gonfi di forza i momenti di questa genesi creativa; momenti  immortalati, come in effigi sacre di un sacrificio catartico, nelle fotografie di Matteo Saccavino e Sabrina Zimmitti e nelle otto istallazioni di abiti- tele che piovono dal freddo soffitto di un locale fintamente dismesso.

Sono abiti e sono tele che, considerati come entità singole, rivelano la loro natura incompleta, per rinascere insieme in una nuova esistenza di complessa autosufficienza emotiva.
Lo spazio espositivo del Rising Love di riempie delle emozionate interpretazioni dei presenti, come se fossero indistricabili fili trasparenti che si avvolgono sulle tele volanti, per ritrovare in quelle sincronie di colore, il profumo della carne, della pelle e dello spirito di due sognatori.
Vi lascio con unabreve intervista ad Emanuele Gatto e Francesca Iaconisi e con una photogallery della serata.
   
Alla prossima avventura, miei cari lettori! 







Emanuele e Francesca, quando vi siete conosciuti?
E: Il nostro incontro artistico risale a un anno e mezzo fa. Io e Francesca abbiamo capito di avere moltissimi interessi in comune: entrambi ci concentriamo sul corpo e sulla relazione che la moda e l’arte hanno con questo.
I vostri video parlano di un corpo maschile e femminile che si toccano nel colore. Può il corpo trascendere la carnalità e la passione per diventare altro?
Emanuele sorride, Francesca risponde con piglio:
Sì, si può trascendere completamente la carnalità. In questo esperimentoi  nostri corpi non sono passione carnale, ma strumento di una nuova arte.
Le  vostre sperimentazioni  artistiche hanno trovato la loro realizzazione in  questa mostra suggestiva. Ma nel vostro intento c’è anche il desiderio di superare questo momento contemplativo ed estetico, per affrontare il mondo frenetico con un nuovo progetto?
F. Siamo partiti con THROUGH – esperimenti per iniziare un viaggio attraverso concetti e filosofie cari ad entrambi ; viaggio che in futuro ci porterà  sicuramente a realizzare progetti diversi… Chissà…
E. sì, perché l’esperimento per noi è la parte fondamentale di una poetica. Quindi, seguendo questa filosofia potremmo  curare tanti altri progetti più vicini alla moda, magari…
Francesca, tu sei già stilista e hai un tuo marchio, Silente: hai fruito di queste sperimentazioni per adattarle al mood e allo stile delle tue creazioni?
F. Sì, certamente: ho acquisito moltissimo da questo progetto con Emanuele, in termini di creatività e temi da sviluppare in una prossima collezione….In fondo, ogni mio abito è diverso dall’altro e nella sua unicità racchiude il senso di inimitabilità di un’opera d’arte, proprio come il prodotto artistico finale  di Through.
Quanto vi fa gola un eventuale  ingresso nel concitato mondo del Fashion?
E. Beh, direi molto. Ma, anche se un giorno entreremo in questo mondo, continueremo a considerare la moda più come Arte che come semplice ‘tendenza’.