Vorrei cominciare questa settimana con una riflessione triste che ho urgenza di condividere.
So che sarà strano leggere queste considerazioni su un fashion blog, per quanto anomalo sia, ma chiamatela espiazione o esagerazione, non posso esimermi dallo scrivere questo post.
Ieri sera, dopo aver seguito il servizio delle Iene di Nadia Toffa su un caso di anoressia che porta il nome e il corpo scheletrico di Sara, 24enne suicida dopo essere fuggita per ben due volte ad un Trattamento Sanitario obbligatorio, non ho potuto dimenticare una frase della fragile ragazza intervistata, prima della tragedia.
Nell'elenco dei 'fattori' che l'avevano spinta, dieci anni prima, a rifiutare il cibo, Sara inserisce anche questo: 'A scuola il primo anno non andava bene in classe. Mi sentivo inadeguata, mi sentivo inferiore. Perchè in classe si vestivano con la roba firma Miss Sixty, Lonsdale...Per cui mi sentivo inferiore..'
Questo pezzo dell'intervista, benchè sia stato il meno tragico di tutto il servizio, credo debba essere un monito per chi è convinto che l'essere o non essere alla moda (in un posto di provincia o a New York) sia determinante per accettare una persona nel proprio circuito provocando in lei un senso di inadeguatezza e inferiorità.
Voglio semplicemente dire che gli 'In & Out' che spesso noi fashion bloggers utilizziamo nei nostri post sono solo le regole di un gioco che si chiama moda.
La moda è una favola, fatta di forme e colori che spesso ci raccontiamo, è un'espressione di creatività, è una giostra di idee e business che affascina addetti ai lavori e non .
Ma non può essere una sciabola che taglia fuori persone e sorrisi dalla vita di chi crede di 'detenerla': così diventerebbe solo una crudele e sterile oligarchia di lustrini e paillettes senza luce.
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