martedì 16 aprile 2013

Tutti venderebbero l'anima al diavolo (che veste Prada)


Buongiorno, care lettrici!

Stamane non posso non dedicare un post al film che ieri ha tenuto incollate alla Tv, per l'ennesima volta, tutto il popolo delle fashion addicted e non solo: Il diavolo veste Prada.

Il film di David Frankel, oramai 'vecchio' di sette anni e tratto dall'omonimo romanzo chick lit di Lauren Weisberger, racconta l'esperienza di Andrea Sachs, una neo-laureata in cerca di lavoro, appena arrivata a New York col sogno di diventare giornalista (ah, quante affinità!) per poi ritrovarsi nelle vesti (costosissime) dell'assistente di Miranda Priestly, l'algida direttrice della prestigiosa rivista di moda Runway.
La valanga di commenti facebook, hashtag e tweet (tra quelli di tendenza del giorno c'è infatti #ildiavolovesteprada) dimostra quanto  questo mondo diabolico della moda che ruota attorno a diktat e si regge su vertiginose Manolo Blahnik, in realtà riesca ad affascinare tutti: chi sta cercando di farsi spazio in questo mondo, chi già ha lo abita da tempo e chi ha scelto di restarne fuori criticandone la superficialità.
In fondo, al di là di verità inopinabili come l'esaltazione della magrezza estrema o  il sistema castale delle più importanti riviste di moda, credo di condividere in pieno alcune 'demistificazioni' che il film ci propone.
E a tal proposito non posso non citare la scena del 'maglioncino ceruleo' della miscredente Andy che la direttrice di Runway, dopo un excursus dettagliato* sulle gonne cerulee di Oscar de la Renta, dimostra essere perfettamente il frutto di una tendenza che la moda aveva dettato qualche anno prima.

Nessuno può sottrarsi alla moda. Anche chi sceglie di aprire l'armadio e indossare un abito a caso: dalle passerelle ogni singolo capo o accessorio scende giù giù fino ad arrivare al banco del mercato, seppur con un costo e una qualità nettamente inferiori.
La fashion addiction è una dipendenza e ci scaraventa nel calderone dell'omologazione; la moda è altro. E' l'arte dei libri e della strada che si raccontano attraverso un abito (o un accessorio) che qualcuno sceglie per noi, ma che noi scegliamo quando, come e con cosa indossare.
E chi declassa la Moda a' iperuranio del superfluo' cominciasse a constatare quanto sia già inesorabilmente parte di questo mondo, negli abiti, nel cibo, nella tecnologia, nei luoghi e nella comunicazione che ogni giorno 'sceglie di scegliere'.

* <Oh, ma certo, ho capito: tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso, ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo> (cit. Miranda ne 'Il diavolo veste Prada')

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